THE OCEAN – Continua la drammatica storia della Terra


THE OCEAN – “Phanerozoic I: Palaeozoic”
• (2018 – Metal Blade Records) 

 

Non necessitano di presentazioni i The Ocean, supergruppo tedesco astro del panorama progressive post-metal. A cinque anni di distanza dal loro ultimo (capo)lavoro, “Pelagial”, ecco finalmente vedere la luce “Phanerozoic I: Palaeozoic”. Di solito le grandi attese equivalgono a lavoro certosino e prodotto di qualità, e neanche in questo caso i The Ocean si sono smentiti.
Più che un proseguimento di “Pelagial”, il nuovo album può essere visto come il continuo della storia raccontata in un altro capolavoro della band, “Precambrian”, doppio album del 2007. Prosegue così la narrazione della storia della Terra e delle sue creature, una storia raccontata in maniera onirica ma drammatica, quasi tragica, caratterizzata da catastrofi che più volte hanno causato l’annientamento di specie viventi. Con “The Cambrian Explosion” inizia un nuovo capitolo della storia della Terra, nonché questo nuovo capitolo della storia dei The Ocean: sinistre tastiere ci introducono alla vera e propria esplosione musicale, quella di “Cambrian II: Eternal Recurrence”. Ed ecco il sound a cui siamo abituati, le aggressive ma lente chitarre dal sound sludge che fanno da sfondo al potente e cavernoso growl di Loïc Rossetti alternato al cantato pulito: il tutto per raccontare questa storia che ciclicamente unisce nascita e distruzione, gioie e sofferenze, ma sottolineando forse gli aspetti più catastrofici e disperati di questo immenso spettacolo. Tra un mare di note cullanti ma allo stesso tempo micidiali trovano spazio anche momenti più rapidi e violenti, nonché sezioni più atmosferiche e progressive: la storia della Terra non è lineare, e allo stesso modo non lo è la musica dei The Ocean, che mescolano le carte in tavola in modi sempre imprevedibili. La bellezza della musica di questa band, a mio parere, sta proprio in questo: nonostante il sound sia sempre ben riconoscibile e non presenti significative differenze fra un album e l’altro, la band sa attingere ai suoi elementi caratterizzanti in maniera sempre inaspettata ed originale, e non risultare mai noiosa o ripetitiva. Con “Ordovicium: The Glaciation Of Gondwana” gli aspetti drammatici del sound della band si accentuano forse ancora di più, ma non è mai una drammaticità vorticosa o eccessivamente violenta: il sound della band mi sembra riprodurre (sicuramente sarà la suggestione del nome) le onde del mare, quel mare che allo stesso tempo ti soffoca e ti conforta, come una sorta di dolce rassegnazione alla violenza della natura. Proprio “asfissiante” è un termine che mi viene in mente per descrivere certi momenti della band, come il precedente album “Pelagial” (soprattutto i brani conclusivi), ma anche brani del presente album, come alcune sezioni di “Silurian: Age Of Sea Scorpions” o di “Devonian: Nascent”. Quest’ultimo brano è, a mio parere, il capolavoro dell’album: un’intro pulita, accompagnata da un violoncello, percussioni ed un pianoforte, di una bellezza molto suggestiva, ci introduce al cantato pulito e molto espressivo di Jonas Renkse, voce dei Katatonia e ospite nella prima metà del brano, in un crescendo di chitarre che avvolge, anzi, sommerge (per continuare la metafora marina) l’ascoltatore. Per undici minuti siamo come sospesi in ambiente oceanico, col presentimento che qualcosa di grandioso e spaventoso debba verificarsi, senza renderci conto che è proprio la storia della Terra in cui siamo immersi ad essere grandiosa e spaventosa. Nella seconda metà il pezzo esplode completamente, e il dramma della storia della Terra si manifesta con disperate urla ed un sound caotico, ma un caotico sempre ordinato e piacevole. Dopo la strumentale “The Carboniferous Rainforest Collapse”, l’album si chiude con un altro brano lungo e complesso, “Permian: The Dying”: un brano che ci pone davanti agli occhi l’imminente nuova catastrofe, in cui il 95% della vita verrà ucciso, ma con la consapevolezza che nella drammatica ruota del Fato ad ogni distruzione segue una nuova nascita.
Non c’è molto altro da aggiungere sull’ennesimo capolavoro sfornato da Robin Staps e dai suoi: una grande mente e grandissima abilità musicale al suo servizio, quella musicalità che non deve dimostrare, ma solo raccontare, emozionare, far vivere l’eterno e drammatico conflitto tra creazione e distruzione che da sempre caratterizza e caratterizzerà la nostra esistenza. Commentare i singoli elementi musicali sarebbe sminuire ed umiliare la grandezza di un album certamente non innovativo, ma grandioso in tutto e che non è lontano dalla perfezione. Ancora una volta i The Ocean regalano grandi cose. Aspettiamo con ansia il continuo del racconto dell’eone fanerozoico, (forse in altri due album, Mesozoico e Cenozoico?)

VOTO: 9/10

Tracklist:

  1. The Cambrian Explosion
  2. Cambrian II: Eternal Recurrence
  3. Ordovicium: The Glaciation Of Gondwana
  4. Silurian: Age Of Sea Scorpions
  5. Devonian: Nascent
  6. The Carboniferous Rainforest Collapse
  7. Permian: The Great Dying

The Ocean lineup:

  • Robin Staps – Guitars
  • Loïc Rossetti – Vocals
  • Paul Seidel – Drums
  • Mattias Hagerstrand – Bass