KALAH: Un buon inizio da cui partire

KALAH – “Descent Into Human Weakness”
• (2022 – Pure Steel Records) •

La conclusione di una qualsiasi trilogia è dettata da epicità, colpi di scena e un gran finale. Dopo i due EP pubblicati l’anno scorso “Descent” e “Human”, per i Kalah arriva il capitolo finale con il disco di debutto “Descent into Human Weakness”, in uscita ora su Pure Steel Records.

Il disco si apre con una melodia che potrebbe ricordare quella di un software in fase di caricamento, subito seguita da strumenti puramente metal, ovvero chitarre e batteria. La voce di Claudia Gigante si aggiunge molto presto, e in questa traccia è pulita in tutti i sensi. All’ascolto non si nota nessun effetto aggiuntivo, solamente voce principale e nel ritornello un controcanto ad accompagnarla.

Questo cambia in “Titans Of Dune”, dove invece la voce è molto più valorizzata; molto bello il tocco stile anni 50 verso metà traccia, fa un bel contrasto alla modernità dell’onnipresente elettronica. Impossibile star fermi su “Six Feet Underground”, canzone molto veloce e ritmata, perfetta per un concerto dal vivo. Seppur la melodia della chitarra assomigli in qualche modo alla traccia precedente, in questa però manca un assolo convincente.

“Sand” inizia in modo imponente, quindi mitiga questo sentimento di mancanza, avendo anche uno stuzzicante cambio di ritmo che intriga l’ascolto. La tastiera di Dario Trentini fa capolino ogni tanto, e riesce a dare una buona struttura su cui si può appoggiare la sezione ritmica formata da Marco Monacelli e Mario Grassi.

Nonostante le chitarre siano due, la sensazione è quella di ascoltarne una sola; piuttosto presente nel mix invece il basso di Enrico Menozzi. Non è, invece, convincente secondo la sottoscritta il pre-ritornello di “Ejecta”, con solo batteria e sintetizzatore, che è talmente veloce da non poter nemmeno rendersi conto di quale strumento si stia ascoltando.

L’intro di “Pit of Violence” riprende quasi in modo identico quello di “Mantis”, anche se poi procede in modo diverso; perfezionabile la pronuncia dell’inglese della cantante, che in alcune parole è leggermente sotto la media. La canzone finisce con l’ultimo ritornello in acustico, il che è molto piacevole, e un suono statico ci accompagna verso “Red”.

Staccano per un pochino gli elementi metal, e lasciano il posto all’elettronica fino a quasi metà traccia. Cambio anche di effetti alla voce, che ne richiamano una digitalizzata: “We are convinced that time is eternal, our property”, un messaggio forte a tutti quelli che ascoltano. Verso la fine sembra che la canzone sia registrata su un disco vecchio, ma poi ritornano brillanti le chitarre all’attacco sulla traccia successiva.

“The River” è la prima canzone in cui, nell’opinione di chi scrive, si sentono due chitarre potenti come dovrebbe essere nel metal: molto bella e originale anche la parte del sintetizzatore. Questo procede per “Side Effects”, anche se è il testo è un po’ ripetitivo. Quasi melodica “Crows Calling at Night”, che prosegue sulla scia delle tracce precedenti.

Finalmente un po’ più di fantasia nelle melodie della voce in “Mermaids’ Cry”; si distingue anche per la potenza in più punti della batteria di Alessio Monacelli. Giunge in chiusura “Aphelion” che nonostante sia una buona traccia, non si discosta molto dalle altre precedenti.

In conclusione “Descent into Human Weakness” è un album tanto omogeneo: il debutto dei Kalah è comunque un buon prodotto, ma sicuramente migliorabile. Molti i suoni simili, molte le ripetizioni nelle tracce, poca varietà di linee melodiche e di diversità compositive.

VOTO: 6,5/10

TRACKLIST:

  1. Mantis
  2. Titans Of Dune
  3. Six Feet Underground
  4. Sand
  5. Ejecta
  6. Pit Of Violence (P.O.V.)
  7. Red
  8. The River
  9. Side Effects
  10. Crows Calling At Night
  11. Mermaids Cry
  12. Aphelion

Kalah line up:

  • Claudia Gigante – vocals
  • Marco Monacelli – guitars
  • Dario Trentini – synth, piano
  • Mario Grassi – guitars
  • Enrico Menozzi – bass
  • Alessio Monacelli – drums