BLUT – “Hermeneutics”
• (2020, AUSR) •
Vi è mai capitato di chiedervi qual è il senso della vita? Ma soprattutto: in che modo lo fate?
Nei secoli si è dibattuto spesso su questo argomento alquanto ostico. C’è chi faceva uso della propria voce per dare un’interpretazione personale di questo caos primordiale. Altri ancora ricorrevano a dei mezzi di natura esoterica. Attualmente la situazione non è mutata e le persone adottano ancora queste maniere, in una forma però più evoluta. Ed è qui che entra in gioco una band svizzera che oggi voglio proporvi. Tutto è nato dalla creatività di Alessandro Schümperlin. Un uomo che ha dedicato buona parte della sua vita a plasmare i suoi pensieri e i suoi gusti personali in musica. E come l’alchimista che crea il Golem Schümperlin ha creato i Blut. Una creatura alquanto strana e originale nel suo. Eccentricità Steampunk e poeticità Darkwave alla Clan of Xymox. Questa è l’essenza base dei Blut, gruppo che gioca molto sull’impatto scenico in sede live. Assieme alla musica fondono una non poca dose di elementi teatrali degni del folle estro creativo di Emilie Autumn. Di Metal hanno poco o niente. Oggigiorno ci è sfuggita di mano la situazione a furia di etichettare dei generi, andando a sfavore su delle band emergenti che propongono una cosa diversa da quella che viene spacciata di bocca in bocca. Certo! L’influenza metallica si percepisce in alcune loro canzoni, ma non è sempre del tutto presente per far sì che essa diventi un elemento predominante.
Ma andiamo a parlare del loro ultimo lavoro in studio, altrimenti rischio di dilungarmi fin troppo e di perdere il filo del discorso che voglio andare a trattare. Hermeneutics è prodotto ben riuscito, a partire dall’artwork della cover ben curata e dettagliata. Da essa si può in parte dedurre il tema a carattere simbolico trattato al suo interno. Un po’ come un velo trasparente che copre ciò che ai nostri occhi può apparire seducente, ma anche diabolico. Un album articolato nella sua struttura musicale. Non tanto per la durata breve/medio dei pezzi, ma per il consistente numero di canzoni tutte legate da un unico filo conduttore. I tarocchi. Quelle carte dall’aura misteriosa e dal fascino irresistibile. C’è chi è scettico in merito all’argomento, ma anche chi è pienamente fedele al mito dei tarocchi creato attraverso il tempo. Non andrò a descrivere punto per punto tutte le 22 canzoni di Hermeneutics. Ognuna di esse richiama attraverso il titolo (ma anche attraverso il contenuto) ad una delle carte presenti nel mazzo dei tarocchi. C’è molta carne al fuoco, questo ve lo posso assicurare. Tra le fila dei Blut va ad aggiungersi l’affascinante Chiara Manese, talentuosa mezzosoprano che l’abbiamo vista in passato all’opera con i Kantica. Giusto per citare una tra le tante band dove ha cantato. Col suo bel timbro vocale, accompagna il cantato di Schümperlin che ammicca non poco al Groove Metal, ma con uno stile improntato a quello di Johan Edlund dai tempi di Wildhoney.
Brevi ma deliranti loop elettronici di matrice Industrial, pezzi con un piglio decisamente più accattivante dal punto di vista melodico, assalti sonori metallici e chiari riferimenti ai Blutengel o ai Lacrimosa. Questo e ben altro è presente in Hermeneutics. Un album che presenta un inciampo per quanto riguarda la parte ritmica, che talvolta copre gli altri strumenti. Molto curate invece i tappeti sonori di tastiera e di synth, che conferiscono un clima degno del Dark Cabaret tedesco.
VOTO: 7.5
- The Fool
- The Magician
- The High Priestess
- The Empress
- The Emperor
- The Hierophant
- The Lovers
- The Chariot
- The Strenght
- The Hermit
- The Wheel of Fortune
- The Justice
- The Hanged Man
- XIII
- The Temperance
- The Devil (feat. Emanuele -Lele- Laghi)
- The Tower
- The Star
- The Moon
- The Sun
- The Judgement
- The World
BLUT lineup:
- Alessandro Schümperlin – Vocals, Programming, Guitars
- Stefano Corona – Synths
- Chiara Manese – Female and backing vocals
- Marco Borghi – Guitars