Epica – sinfonica epicità a Bologna

EPICA + ELUVEITIE + SCAR SYMMETRY
live @ Estragon, Bologna
– giovedì 5 novembre 2015 – 

 

LIVE REPORT •
“Epica” non è solo il nome degli headliner del concerto tenutosi il 5 novembre all’Estragon di Bologna: è anche l’aggettivo più adatto a definire la serata. La location ha infatti ospitato un tris di band di tutto rispetto: Epica, Eluveitie e Scar Symmetry; tre generi differenti (symphonic metal, folk metal, melodic death metal), accomunati però dal forte impatto che hanno sul pubblico, se a rappresentarli sono esponenti di livello. E l’obiettivo è stato perfettamente raggiunto: le tre formazioni hanno coinvolto la folla del locale quasi pieno e hanno regalato un vero “killer show”.

Scar Symmetry
Sono circa le 19:30 quando sul palco si presenta la prima band della serata, gli svedesi Scar Symmetry: il pubblico viene riscaldato dall’intro di “The Iconoclast”, caratterizzato dalle due chitarre in armonia, per poi sfociare in travolgenti riff e ritmiche death. In questo modo il sestetto si presenta sin dai primi minuti come uno degli attuali esponenti della scena melodic death metal svedese. In attività da più di dieci anni, la band è impegnata da una parte nella promozione del loro ultimo lavoro, “The Singularity (Phase I – Neohumanity)”, del 2014, dall’altra nella composizione del sequel del disco, fino a completare il loro progetto di una trilogia sul tema del transumanesimo. Nonostante i recentissimi cambi di formazione, che hanno visto l’ingresso nella band di Benjamin Ellis (Bloodshot Dawn) alla chitarra e di Andreas Silèn (Propane Headrush) al basso, la band si è mostrata sicura ed impeccabile. L’elemento distintivo dello show è l’alternanza fra sezioni cattive e tirate, dominate dal growl di Roberth Karlsson, e ritornelli decisamente catchy interpretati dal vocalist pulito Lars Palmqvist. Notevoli gli intrecci virtuosistici delle chitarre di Per Nilsson e di Benjamin Ellis, un marchio di fabbrica della band e del genere. La formazione ha proposto una scaletta concentrata più sul loro passato, con brani storici quali “Chaosweaver”, traccia iniziale del loro album d’esordio “Symmetric In Design” (2005) e “Morphogenesis”, tratta da “Holographic Universe” (2008), mentre il loro ultimo album è stato rappresentato esclusivamente da “Neuromancers”, conclusa da un lungo e spettacolare assolo di Nilsson. La band si distingue, all’interno del filone di appartenenza, per il contrasto fra i tecnicismi e la decisa orecchiabilità delle linee vocali, oltre che per alcuni inserti di elettronica. Nonostante i pezzi si somigliassero un po’ tutti fra di loro pur appartenendo ad album diversi, la mezz’ora di set è scivolata via piacevolmente, e la band ha portato sul palco uno spettacolo assolutamente coinvolgente ed avvincente.

Setlist: “The Iconoclast” – “The Anomaly” – “Chaosweaver” – “Mind Machine” – “Morphogenesis” – “Neuromancers” – “The Illusionist”

SCAR SYMMETRY lineup:
Roberth Karlsson – Harsh vocals
Lars Palmqvist – Clean vocals
Per Nilsson – Guitar
Benjamin Ellis – Guitar
Andreas Silèn – Bass
Henrik Ohlsson – Drums
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Eluveitie
Dopo il cambio palco, i successivi 75 minuti vedono protagonisti gli Eluveitie, ufficialmente non co-headliner, ma noti ed apprezzati tanto quanto gli headliner. Forse la band folk metal più sulla cresta dell’onda negli ultimi anni, l’ottetto svizzero ha veramente sbalordito tutti, compreso il sottoscritto che non è un amante del genere. Una voce registrata che recita il testo dell’intro di “Origins” (l’ultimo album della band, datato 2014), tradotto in italiano appositamente per l’occasione, introduce la formazione sul palco, ed il pubblico è scatenato già sulle prime note di “King”. L’apertura è perfetta, e mette in chiaro sin da subito come sarà il set: un alternarsi fra amene sonorità alpine e sfuriate quasi death. Il protagonista è Chrigel Glanzmann, growler e polistrumentista, nonché carismatico frontman, che dimostra una personalità virtuosa e versatile passando dalla delicatezza di strumenti come il tin whistle e la mandola alla brutalità del growl. Lo accompagnano due donne d’eccezione: da una parte Anna Murphy alla ghironda e voce pulita (a volte anche scream), all’apparenza una ragazza dolcissima che in sede di live si trasforma in un mostro da palco; dall’altra Shir-Ran Yinon, violinista, recentissimo acquisto della band in sostituzione di Nicole Ansperger, che si è dimostrata una musicista d’eccezione. La sezione ‘folk’ è completata dall’italiano Matteo Sisti, anch’egli di recente ingresso (fine 2014), abile polistrumentista dedito soprattuto al tin whistle ma anche alla mandola e alla cornamusa. Come ho già detto, il set è stato caratterizzato da una parte da momenti più calmi e prettamente folk, in cui il pubblico batteva le mani e danzava, in brani come la famosa “Omnos” e “Brictom” (entrambi tratti da “Evocation I: The Arcane Dominion” del 2009); dall’altra sono stati eseguiti pezzi metal decisamente spinti, a tinte death, fra cui “Nil”, “From Darkness” e “Kingdom Come Undone”, che hanno messo in luce la sezione ‘metal’ della band, con Ivo Henzi e Rafael Salzmann alle chitarre, Kay Brem al basso e Merlin Sutter dietro le pelli. Naturalmente le due anime della band si mischiano: non c’è pezzo metal che non veda virtuosismi da parte degli strumenti folk. Momento memorabile della serata è stata “Il Richiamo Dei Monti”, versione italiana di “The Call Of The Mountains” (inclusa in una edizione bonus di “Origins”), che è stata cantata da tutto il pubblico insieme ad Anna. A circa metà set il palco viene lasciato ai soli Chrigel, Shir-Ran e Matteo per un medley acustico di brani folkloristici irlandesi di rara bellezza. Dopo una evocativa “Scorched Earth” interpretata in assolo da Anna (con giusto qualche intervento di Chrigel), la band ritorna sul palco per la seconda metà dello show alla massima carica con “Kingdom Come Undone” e “Neverland”. Dopo “Alesia”, tratta dall’album del 2012 “Helvetios”, la band fa per andarsene, ma ritorna per accontentare il pubblico con un bis (nonostante non sia il gruppo headliner!): l’immancabile “Inis Mona”, il loro pezzo più conosciuto, tratto da “Slania” (2008), che il pubblico è invitato a cantare. Lo spettacolo portato dagli Eluveitie è qualcosa a metà tra una folkloristica festa alpina ed un brutale concerto metal, e i due elementi sono stati miscelati al punto giusto: meritatissimi tutti gli applausi ricevuti dalla band. Peccato solo per l’assenza di “The Siege” dalla scaletta, che avrebbe mostrato appieno la capacità di Anna di trasformarsi da una tenera fanciulla di montagna ad una bestiale screamer!

Setlist: “Origins” (intro, in italiano) – “King” – “Nil” – “Thousandfold” – “Omnos” – “Il Richiamo Dei Monti” – “From Darkness” – “Brictom” – “Reel Set” – “Scorched Earth” – “Kingdom Come Undone” – “Neverland” – “Quoth The Raven” – “Havoc” – “Alesia” – “Inis Mona”

ELUVEITIE lineup:
Chrigel Glanzmann – Harsh vocals, Mandola, Mandolin, Tin & Low Whistles, Bagpipes, Acoustic Guitar
Anna Murphy – Clean and Harsh vocals, Hurdygurdy
Shir-Ran Yinon – Violin
Ivo Henzi – Guitar
Rafael Salzmann – Guitar
Kay Brem – Bass
Matteo Sisti – Tin & Low Whistles, Bagpipes, Mandola
Merlin Sutter – Drums
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Epica
Se ci si poteva ritenere soddisfatti già dalle esibizioni precedenti, il bello deve ancora iniziare. Ecco che ex abrupto l’intro “Originem” trasforma le chiacchiere del pubblico in un boato: durante la traccia orchestrale Ariën, Ruben, Rob, Isaac e Mark prendono posizione sul palco, accolti dalle urla dei fan. Ma è con l’inizio di “The Second Stone” che l’Estragon implode travolto dagli esplosivi riff di chitarra e dalla trascinante batteria. L’apice dell’emozione viene raggiunto con l’ingresso della rossa frontwoman Simone Simons sul palco, che viene accolta come una diva dall’intero pubblico. Non passano neanche cinque minuti, ed il pubblico ha già dimostrato quanto gli Epica, fra i massimi esponenti del metal sinfonico a voce femminile (secondi in fama forse solo ai Nightwish), siano amati, anzi, quasi venerati: tutti fanno headbanging, (quasi) tutti conoscono le parole a memoria. Questo inizio di setlist, seguito da “The Essence Of Silence”, dimostra come l’ultima fatica della band olandese, “The Quantum Enigma” (2014), sia diventato in pochissimo tempo una pietra miliare del symphonic metal. Se l’apertura del live è dedicata al passato recente, improvvisamente si ritorna improvvisamente agli esordi della band, e un’acclamatissima “Sensorium” ci riporta indietro di dodici anni, ai tempi di “The Phantom Agony”. Simone è in splendida forma e bellissima come sempre, in uno dei suoi outfit migliori, e più del solito sembra interagire con il pubblico. A sorpresa, la frontwoman indice una votazione per il prossimo brano in scaletta. La scelta è fra “Chemical Insomnia” e “Storm The Sorrow”: il boato del pubblico è maggiore per la seconda, e così si fa un salto nel periodo di “Requiem For The Indifferent” (2012). Lo show prosegue concentrandosi più sul passato della band che sull’ultimo lavoro, che ormai non necessita più di una forte promozione: si ritorna così ai tempi di “Design Your Universe” (2009) con l’azzeccatissima accoppiata “Unleashed” e “Martyr Of The Free Word”. Quest’ultima è stata una graditissima sorpresa nella setlist, con i suoi micidiali riff di chitarra e l’epico ritornello cantato da tutto il pubblico. Ma la vera chicca della serata è stata questa: in seguito a numerose richieste ricevute dai fan italiani sui social network, Simone decide di accennare il ritornello di un pezzo che la band non eseguiva da ormai molti anni, la ballad “Solitary Ground” (tratta dal loro secondo album “Consign To Oblivion” del 2005), accompagnata esclusivamente al pianoforte da Ruben Wijga. Si è trattata di una vera e propria rarità, qualcosa che mai è successo e probabilmente mai si replicherà: un omaggio speciale ai fans italiani e al loro supporto. Due parole riguardo al tastierista: egli è noto in realtà per essere membro dei ReVamp, ma per alcune date ha sostituito Coen Janssen, costretto a casa per problemi familiari. Il pubblico lo accoglie nel più caloroso dei modi, soprattutto dopo questa breve performance, ed egli si è dimostrato totalmente all’altezza del compito. Per quanto riguarda gli altri membri della band, non c’è nemmeno bisogno di presentarli: Mark e Isaac sono come al solito carismatici e totalmente disinvolti, e lo stesso vale per il bassista Rob, ormai perfettamente integrato nella band, e per il batterista Ariën. L’atmosfera di confidenzialità tra band e pubblico, nonostante il gran numero di persone, è evidente in “Cry For The Moon”, un must nelle scalette degli Epica, che viene fatta intonare alla folla (come se ci fosse stato bisogno di chiedere al pubblico di cantarla!). Segue un lungo assolo di batteria di Ariën, che dimostra la sua spiccata abilità tecnica e velocità, frutto della sua militanza nei God Dethroned (insieme ad Isaac), che gli è valsa il soprannome di ‘The Beast’. Il picco della serata viene raggiunto solo più tardi, quando il suono delle due chitarre, pulito, lascia intendere che in scaletta è stata inserita la title-track “Design Your Universe”. Si tratta di uno dei capolavori della band, non sempre presente in scaletta, recuperato durante gli ultimi mesi forse per il suo legame concettuale con “The Quantum Enigma” (che affronta il tema della fisica dei quanti). È questo il momento più ‘epico’ della serata: durante la suite il pubblico è dapprima scatenato, poi commosso. La performance vocale della Simone in un pezzo di tale complessità è veramente impeccabile e sbalorditiva: dopo anni di umile studio ormai la cantante si destreggia con naturalezza e disinvoltura fra il canto moderno e quello classico per un’estensione vocale veramente notevole. Paradossalmente, anche il growl di Mark ha un che di commovente in questo pezzo, soprattutto se si legge con attenzione il testo. Confesso di aver avuto gli occhi lucidi alle parole “so many people will harm themselves, but life can be so beautiful” e “don’t forget you’re able to design your own universe”: è incredibile come una band riesca a trasporre in musica un tema filosofico-scientifico come la fisica quantistica, ed al contempo riuscire a dargli una carica emotiva così travolgente. Sulle delicate note di pianoforte del finale del brano la band si fa da parte… possibile che siamo già alla fine del concerto? L’encore per fortuna è sufficientemente sostanzioso, e dopo un discorso di Isaac (discorso che di solito tocca a Coen) parte un’intro strumentale che anticipa “Sancta Terra”, con un divertente gioco di quattro mani sulla tastiera fra Ruben e Isaac. Segue “Unchain Utopia”, forse il brano più catchy dell’ultimo album, con un bellissimo ritornello corale cantato all’unisono da tutto il pubblico. Ma quando dei mesti archi (in playback purtroppo) scanditi da teatrali note di pianoforte mettono a tacere le urla del pubblico, ormai è chiaro che la serata sta volgendo al termine. Come di tradizione da tantissimi anni, “Consign To Oblivion” (title-track dell’album del 2005) sancisce la chiusura di ogni concerto. Dopo l’introduzione il brano esplode fra chitarre ed orchestrazioni, e dal pubblico parte un wall of death. Un concentrato di epicità, riff micidiali, solenni cori e magistrali orchestrazioni, acuti lirici e sfuriate in growl, intervallati da complesse sezioni strumentali dal gusto prog, tutto in 10 minuti di brano. Il pezzo si conclude con un crescendo corale che culmina con le parole “free ourselves from madness!”: il concerto è ormai alla fine. I fan sono estasiati, alcuni perfino in lacrime (chi, io?), nessuno vuole credere che si è già giunti al termine. Il fanclub ufficiale dalla prima fila consegna alla band il banner da loro (o meglio, da noi) realizzato, e i membri della band pensano bene di avvolgerlo a mo’ di involtino intorno alla Simons: in questi piccoli gesti traspare tutta l’umanità e l’umiltà di una band che nonostante stia raggiungendo alti picchi di fama si mantiene sempre coi piedi per terra, soprattutto nel rapporto con i fan. Giusto il tempo per la foto da pubblicare sulla pagina facebook e per gli inchini, e lo spettacolo è veramente al termine. Per il sottoscritto si tratta del settimo concerto degli Epica, ma ogni volta è come la prima, anzi, più il tempo passa e più i loro live diventano qualcosa che assolutamente vale la pena di vedere. L’assenza di coro ed orchestra, elementi distintivi del sound degli olandesi, non compromette assolutamente lo show, che è sempre pieno di energia e di carisma. Ed anche se la scaletta era più o meno prevedibile, quei due o tre colpi di scena sono bastati a sorvolare anche su quest’unica piccola critica che si potrebbe fare allo show. 90 minuti di epicità, ma non intesa nel senso che di solito si attribuisce al termine: ogni elemento della musica degli Epica è finalizzato a trasmettere messaggi dalla forte carica emotiva, e nulla è lì solo perché ‘fa epico’. Ed anche per chi non ha studiato a fondo i testi delle canzoni, la passione e l’energia della band traspirano da ogni singola nota e da ogni singolo gesto dei loro live. A mio modesto parere, il sestetto sta sulla giusta strada per diventare una band storica nell’intero ambito del metal.

Setlist: “Originem” – “The Second Stone” – “The Essence Of Silence” – “Sensorium” – “Storm The Sorrow” – “Unleashed” – “Martyr Of The Free Word” – “Solitary Ground” (solo un ritornello) – “Cry For The Moon (The Embrace That Smothers – Part IV)” – Drum solo – “The Obsessive Devotion” – “Victims Of Contingency” – “Design Your Universe (A New Age Dawns – Part VI)” – “Sancta Terra” – “Unchain Utopia” – “Consign To Oblivion (A New Age Dawns – Part III)”

EPICA lineup:
Simone Simons – Vocals
Mark Jansen – Guitar, Harsh vocals
Isaac Delahaye – Guitar, Harsh vocals
Rob van der Loo – Bass
Ruben Wijga – Keyboards (in sostituzione di Coen Janssen)
Ariën van Weesenbeek – Drums

report Ivan Spurio Venarucci
foto Alessia Mancini