DREAM THEATER: Prog in Roma

DREAM THEATER + DEVIN TOWNSEND
live @ Palazzo Dello Sport, Roma
– venerdì 6 maggio 2022 –

 

LIVE REPORT •

La calata italiana dei Dream Theater è sicuramente uno dei primi grandi eventi di questo primo periodo di ritrovata “normalità” almeno dal punto di vista concertistico dopo due anni di pandemia. La band americana simbolo del Prog Metal torna in Italia con tre date tra Roma , Milano e Padova e il sottoscritto non può che esaltarsi solo all’idea di rivedere i propri beniamini per la tredicesima volta dal 2007 ad oggi a
pochi chilometri da casa propria. A supporto niente di meno che il maestro Devin Towndsen per un’accoppiata imperdibile per gli amanti del Prog Metal, che viste le premesse e visto solitamente il grande successo che i Dream Theater hanno nel nostro paese pensavo che avesse portato più gente, ma purtroppo, almeno per quanto riguarda la data Romana, il palazzetto non si riempirà per più di metà della
sua capienza.

DEVIN TOWNSEND
Sono le 19.30 in punto quando davanti ad uno sparuto gruppo di fan sotto al palco (parliamo di non più di 300 persone), parte Devin accompagnato dalla sua band composta da lui stesso alla voce e chitarra, un chitarrista, un bassista e un batterista. Tutte le pomposissime parti orchestrali e sinfoniche verranno proposte in playback così come tutti gli effetti e le sovraincisioni sulla voce; d’altronde non si poteva fare altrimenti vista la mole di sound che incorpora la proposta di questo musicista. Towndsen tra un cambio di chitarra e l’altro e il suo humour un pochino alla Micheal Akerfeldt conquista piano piano i presenti che si faranno lentamente più numerosi mentre i palazzetto inizia a riempirsi. Verrà proposta ai romani una scaletta incentrata su brani dei vari progetti del geniale artista canadese tra Strapping Young Lad, Devin Towndsen Project e Devin Towndsen Band per un range di brani che vanno dalla pomposità e epicità di “Kingdom” alla più aggressiva “By Your Command” fino ad un pezzo più soffice e etereo come “Deep Peace” tratto dal suo capolavoro “Terria”. Il sound purtroppo non è favorito da un’acustica del palazzetto non proprio ottimale che migliorerà tuttavia con la band principale. I fan apprezzano anche se probabilmente dalle reazioni si capisce che non siano in tantissimi quelli che conoscono a menadito la musica del polistrumentista canadese che comunque il suo lo fa mostrando come al solito la grande ecletticità del suo sound nonché della sua voce.

Setlist:

  1. Failure
  2. Kingdom
  3. By Your Command
  4. Aftermath
  5. Regulator
  6. Deadhead
  7. Deep Peace
  8. March Of The Poozers
  9. More!

 Devin Townsend line up:

  • Devin Townsend – vocals, guitars
  • Brian “Beav” Waddell – guitars
  • Mike Young – bass
  • Ryan Van Poederooyen – drums

 

foto: Stefano Panaro

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DREAM THEATER

Sono le 20.45 in punto quando, con almeno un quarto d’ora di anticipo rispetto all’orario prestabilito, parte il consueto video di introduzione che ci porta fino all’inizio dello show in un palazzetto più gremito rispetto all’inizio dello spettacolo di Devin, ma comunque molto lontano dai sold-out che il sottoscritto ha quasi sempre osservato nei numerosi concerti della band (cinque per l’esatezza) visti al Palaeur/Palalottomatica/Palazzo della Sport (da notare che la venue in questione ha cambiato nome più volte). È dal lontano 2007, quando alla batteria era c’era ancora Mike Portnoy, che non mi perdo uno show dei nostri a Roma e anche stavolta non vedevo l’ora di assistere ad un nuovo concerto di una delle mie band preferite di sempre. La band viene accompagnata come al solito da un meraviglioso impianto video con uno schermo che proporrà delle bellissime sezioni animate che renderanno l’esperienza un qualcosa che va oltre la musica, ed è da notare come le sequenze mostrate siano ovviamente nuove di zecca per questo tour ed a mio modo di vedere alcune delle più belle mai proposte dalla band in tanti anni che li seguo. Si parte con la canzone fresca vincitrice di un Grammy, quella “The Alien” che è stata anche il primo singolo rilasciato per promuovere l’ultimo disco “A View From The Top Of The World”, disco su cui ovviamente è incentrato questo tour. I nostri, specialmente nella prima parte della scaletta puntano forte su questo nuovo album proponendo oltre la già citata lunga, spaziale e iper-tecnica “The Alien” anche la altrettanto lunga e complessa “Awaken The Master” che tinge la performance di quei celebri riffoni corposi
e oscuri del buon Petrucci suonati addirittura sulla 8 (!) corde per dare al sound quella sferzata di groove, per uno dei brani più riusciti dell’ultimo album. La band è in forma smagliante come sempre e debbo dire che stavolta anche James Labrie nonostante qualche incertezza sulla prima canzone, riesce poi a scaldare la voce ed offrire una buona performance anche grazie (secondo me) ad una scaletta scelta “ad hoc” con poche note alte e tante “medie” in cui il nostro James se la cava ancora benone. Il sound del Palazzetto dello Sport è sempre un terno al lotto, ma per il sottoscritto stavolta tutto è filato abbastanza liscio dalla mia posizione, anche se è spesso vero  che cambiando postazione la recezione del suono cambia e difatti ho sentito parecchie persone lamentarsi anche stavolta. Per quanto mi riguarda la chitarra di Petrucci in
particolare aveva un sound cristallino e corposo, sia nelle parti distorte e negli assoli più funambolici, sia negli arpeggi in pulito. Il mix era tutto sommato accettabile con il basso di Myung ben udibile e un sound di batteria ben calibrato anche se qualche volta negli infiniti assoli intrecciati tra Rudess e Petrucci mi ritrovavo a perdermi nel sound le parte di tastiera di Rudess. I musicisti come al solito poi sono uno
spettacolo nello spettacolo. Chi come me suonicchia o suona bene la chitarra non può che rimanere estasiato dalla classe infinita di John Petrucci; dall’alto della sua stazza John mostra come sempre una classe e una precisione invidiabile. Un mostro di carisma e di tecnica che non mi stancherei mai e poi mai di guardare. E che dire di Rudess? Essendo un pochino più nelle retrovie rispetto a Petrucci riuscivo a cogliere di meno le sue parti funamboliche anche se spesso inclinava la tastiera per mostrare al pubblico le sue incredibili doti mentre altre volte se ne veniva davanti al palco con la sua tastiera “verticale”. Anche Mangini è una macchina incredibile, ed in particolare come ho più volte detto in sede di recensione, trovo che le parti di batteria di questo nuovo disco siano strepitose e creative e nonostante la dipartita dal

gruppo di Portnoy sia ancora, dopo dodici anni una ferita aperta per quanto mi riguarda, non posso comunque non apprezzare Mangini che magari non avrà il carisma del suo illustre predecessore ma in quanto a tecnica non è secondo a nessuno! L’ultima nota che per forza dobbiamo toccare è sicuramente la scaletta: Per un die-hard fan è sicuramente sempre estremamente apprezzabile quanto la band si sforzi
sempre nel portare una setlist completamente nuova ad ogni tour, talvolta (come a questo giro) escludendo completamente i pezzi da novanta dagli album più amati come “Images & Words” e “Scenes From A Memory”. Per quanto mi riguarda, amando la discografia della band a trecentosessanta gradi ovviamente con una netta preferenza sull’era Portnoy), trovo estremamente affascinante e stimolante
questo approccio che rende l’esperienza live del teatro del sogno sempre interessante, anche per uno come me che li ha visti dal vivo tredici volte. E così ecco che compaiono in scaletta una bella manciata di capolavori degli anni 2000 (era Portnoy) come la meravigliosa e acclamata “The Count Of Tuscany” (che a memoria non suonano dal 2009) accompagnata da alcune meravigliose sequenze video ritraenti la “nostra”
toscana, o la straziante ed emozionante “The Ministry Of Lost Souls” (che per quanto mi riguarda contiene uno dei giri di chitarra più belli di sempre di Petrucci con quel finale ipnotico e ripetuto che ogni volta è una goduria per le orecchie). Come non palare della bellissima ed oscura “Endless Sacrifice” o della meravigliosa e melodica “About To Crash”, brano di apertura (se escludiamo l’overture) della mega suite “Six Degrees Of Inner Turbulence”, brano che contiene per il sottoscritto alcune delle parti più belle di tastiera mai scritte da Rudess nella storia della band. “6.00” è l’unico brano proposto dal repertorio anni 90’ della band, mentre “Bridges In The Sky” è un altro ottimo pezzo dell’era Mangini, che se dovessi andare a memoria direi che non sia stato suonato da dieci anni, ossia dal tour di supporto di “A Dramatic Turn Of Events”. Insomma i Dream Theater in poco più di due ore ci offrono uno spettacolo meraviglioso come al solito che mi lascia ancora una volta con il desiderio di rivederli presto live, sperando che la prossima volta possano tornare con la formula “An Evening With” senza band di supporto e con un minutaggio più elevato. Nel frattempo se siete fan di questa band vi ricordo che su metalforce troverete le recensioni dettagliate di ogni album in studio della band americana curate dal sottoscritto.

Setlist:

  1. The Alien
  2. 6.00
  3. Awaken The Master
  4. Endless Sacrifice
  5. Bridges In The Sky
  6. Invisible Monster
  7. About To Crash
  8. The Ministry Of Lost Souls
  9. A View From The Top Of The World

 

Dream Theater line up:

  • James LaBrie – vocals
  • John Petrucci – guitars
  • John Myung – bass
  • Jordan Rudess – keys
  • Mike Mangini – drums

 

 

foto: Stefano Panaro