Temperance – nessun limite e nessuna paura di sperimentare

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TEMPERANCE: INTERVISTA ESCLUSIVA A GIULIO CAPONE •  

In occasione dell’uscita del terzo album dei Temperance “The Earth Embraces Us All”, il batterista della band Giulio Capone ci ha concesso del tempo per raccontarci alcuni fatti riguardanti il disco (in uscita il 16 settembre per Scarlet Records – qui la recensione), i loro progetti ed il loro modo di concepire la musica.

Ciao Giulio, grazie per il tempo che stai concedendo a METALFORCE!
Quello che tutti i recensori hanno notato in “The Earth Embraces Us All” è un salto qualitativo dal punto di vista della complessità compositiva. È stata un’evoluzione sonora spontanea, oppure avevate già in mente di prendere questa direzione e avete aspettato volontariamente? Mi sembra che in “The Fourth Season” (brano contenuto nel primo album “Temperance” del 2014 n.d.r.) ci sia già questa tendenza.
GIULIO – Ciao! Grazie mille a voi per l’opportunità e per le belle parole! L’evoluzione nel sound credo sia sempre stata una costante nella storia dei Temperance. Abbiamo sempre cercato non tanto di cercare la soluzione forzatamente ‘diversa’ ma di non porci dei limiti compositivi e di utilizzare tutti gli strumenti che avevamo a disposizione. La ‘regola’ è sempre stata “se piace a noi allora va bene”, indipendentemente da qualsiasi risultato commerciale o di critica. Non siamo una grande band che deve mantenere una sorta di trademark costante per mantenersi a galla e probabilmente anche se un giorno dovessimo diventare un gruppo più importante ce ne fregheremmo alla grande, eheh. Per ora cerchiamo la soluzione musicale che ci faccia innamorare di quel che facciamo ogni giorno. Poi se piace anche agli altri ben venga! Forse in “The Fourth Season” si sente marcatamente quella voglia di non porsi paletti di alcun genere, di lasciare che la musica flusica liberamente. Ecco, in “The Earth Embraces Us All” forse abbiamo dato libero sfogo alla creatività dalla prima all’ultima song.

In quanto tempo il disco è stato composto e prodotto? E soprattutto, dove avete trovato questo tempo?
GIULIO – Bella domanda… guarda, l’attuale ritmo compositivo dei Temperance è di circa 8 mesi. Tra un album e l’altro abbiamo sempre impiegato quel tempo tra scrittura, arrangiamento, tracking e mix. Poi ovviamente esigenze di carattere tecnico ci hanno imposto di rimanere sui circa 12 mesi canonici. Un po’ lo facciamo poiché abbiamo parecchie idee in testa e un po’ perché siamo molto affezionati alle band che rispettavano un contratto invisibile con i propri sostenitori, l’uscita annuale che chi seguiva una band si aspettava. Personalmente attendevo trepidante che la mia band preferita del momento rispettasse una tale scadenza. Alla fine non è una cosa programmata, semplicemente ci siamo accorti che avevamo il materiale, le forze e la voglia di chiuderci nuovamente in studio a lavorare. Nessuno ci ha mai imposto di farlo e nessuno di contro ci ha mai impedito di lavorare a questo ritmo. Solitamente il materiale parte da me e Marco (Pastorino, chitarra e voce maschile, n.d.r.) e nonostante le molte date e i diversi impegni il tempo di scrivere lo troviamo sempre. Poi fortunatamente siamo molto veloci a produrre materiale nuovo di zecca e questo ci facilita il compito. Per tornare alla tua domanda, il disco è stato composto l’estate scorsa e l’abbiamo registrato tra ottobre e novembre 2015 al Music Ink studio, per poi lasciarlo nelle mani di Simone Mularoni per il mix nel mese di gennaio 2016, poco prima del tour di supporto ai Luca Turilli’s Rhapsody.

Parliamo della copertina dell’album, realizzata di nuovo da Gustavo Sazes: è nata da uno spunto vostro, o avete dato a Gustavo carta bianca? In che modo rappresenta le tematiche dell’album?
GIULIO – Penso che Gustavo si sia superato con questo lavoro, molto più colorato ed esplosivo dei precedenti. Ci siamo subito affezionati alla cover e penso proprio che abbia catturato bene lo spirito del disco. Sì, Marco gli ha fornito degli spunti sui temi del disco, specialmente sul messaggio che volevamo trasmettere, e Gustavo l’ha tradotto in immagine. Come vedrete ha fatto un grande lavoro anche per quanto riguarda il booklet! Credo che l’artwork si sposi bene con il messaggio e il titolo dell’album, che vuole essere una sorta di manifesto dei nostri pensieri. Un abbraccio alla terra non tanto per rivendicarne un qualche possesso ma per ergerci a custodi di questo “pallido puntino blu”, per dirla alla Carl Sagan, che fino a prova contraria è l’unica casa che abbiamo. No, non è per fare gli ambientalisti, ma per ricordare che tutto quello che possiamo ricordare, che siamo stati, che siamo e che saremo ancora per molto tempo è proprio qui e dobbiamo custodirlo al meglio. Altrimenti un bel giorno, un po’ come nel capolavoro di Nolan “Interstellar”, ci toccherà fare i bagagli e cercare una nuova casa.

Nei vostri arrangiamenti, le tastiere ed il pianoforte sono presenti pressoché costantemente. In studio te ne occupi tu, ma avete mai pensato di trovare un tastierista per i live, oppure vi sentite completi così?
GIULIO – Sì, in studio me ne occupo, io essendo prima che un batterista un pianista, e quindi è la cosa che mi viene più naturale. Non abbiamo mai pensato nemmeno per un attimo di prendere un tastierista, dato che l’alchimia creatasi nella band è qualcosa di unico, dopo anni, decine di concerti e migliaia di km, e trovare la persona giusta sarebbe difficile. Inoltre non abbiamo un apporto costante di tastiere in ogni song e in egual misura, quindi sarebbe spesso inutile. Infine, essendo io stesso il tastierista della combriccola, non lascerei una grande libertà esecutiva al nuovo arrivato (ride). Seriamente, credo non aggiungeremo mai un tastierista e ci limiteremo ad usare dove necessario delle sequenze, comunque suonate da noi in studio.

In “The Earth Embraces Us All” ci sono alcuni riferimenti alla musica classica, penso ad esempio al Capriccio n. 5 di Paganini ripreso in “Advice From A Caterpillar”, o l’interludio corale in stile rinascimentale di “The Restless Ride”, oltre alle sezioni in cui Chiara (voce femminile, n.d.r.) canta con impostazione classica. Qual è il ruolo della musica classica nella vostra formazione ed ispirazione?
GIULIO – La musica classica è una fortissima influenza per noi, sia per chi ha fatto studi direttamente classici, sia per chi ne è entrato in contatto grazie ad artisti (metal soprattutto) che ne hanno dato una rilettura negli anni. Il Capriccio n.5 di Paganini è un brano talmente celebre che l’abbiamo inserito per puro piacere e non per cercare una soluzione innovativa. Come ti dicevo prima, se ci piace lo facciamo! (ride) “Advice from a Caterpillar” è un brano molto eterogeneo e nella follia generale ci è balzata in mente l’idea di tributare un breve omaggio al maestro dei virtuosi per eccellenza! In “The Restless Ride” la storia è leggermente diversa: quello stacco era stato inizialmente immaginato per pianoforte e in effetti l’uso degli accordi è poco ‘rinascimentale’ ma in fase di registrazione in un altro attimo di follia abbiamo deciso di trasformarlo in uno stacco vocale, con un testo tratto dall’Apocalisse di Giovanni.

A livello musicale, le vostre ispirazioni sono ormai ben note al pubblico. Ma quali sono le cose non musicali che confluiscono nella vostra musica? Da quali esperienze traete ispirazione?
GIULIO – Alla fine troviamo ispirazione in tutto quello che ci capita intorno, dalla vita quotidiana, alle piccole riflessioni che facciamo guardando un telegiornale. Ogni avvenimento lascia un segno e cerchiamo di catturarne il ‘mood’ del momento. Alcune song invece sono basate su letture e riletture di storie a noi care. A volte sono addirittura le nostre ‘relazioni’ tra membri della band a creare il tema per una song, magari mascherato da qualcosa di esterno.

Il brano di “The Earth Embraces Us All” che personalmente mi ha incuriosito di più è “Advice From A Caterpillar”, che dal punto di vista delle atmosfere ha insieme del fiabesco e dell’assurdo… ascoltandolo mi viene in mente Alice nel Paese delle Meraviglie. Di cosa parla la canzone? Che consigli dà il bruco?
GIULIO – Assurdo credo sia il termine migliore! È un brano nato in meno di un’ora di composizione sfrenata, quasi isterica direi. È stato tutto molto simile al primo giro che fai in vita tua su una montagna russa. Fighissimo, troppo breve e dove diventa difficile districare i ricordi del durante dall’adrenalina. Forse è uno dei brani maggiormente indicativi della filosofia di scrittura dei Temperance. Nessun limite e nessuna paura di sperimentare. Il testo è arrivato in un secondo momento e credo che Chiara abbia trovato un ottimo modo di far convivere le atmosfere un po’ strane della parte musicale con un argomento che ne ricalcasse i contorni perfettamente, appunto Alice nel Paese delle Meraviglie. Ed ecco nascere un brano dove il Brucaliffo la fa da padrone!

Nel disco è presente anche un pezzo in italiano intitolato “Maschere”: com’è nata l’idea di realizzare un pezzo in italiano? Per il genere è una scelta alquanto insolita.
GIULIO – L’idea è nata in fase di arrangiamento dei brani e ci è sembrata una cosa interessante da provare per vedere cosa sarebbe saltato fuori. Anche per noi è strano sentire un brano dei Temperance con il cantato in italiano ma credo che il risultato sia positivo! Non penso diventerà un appuntamento fisso per i prossimi lavori e anzi proprio non replicare più la cosa potrebbe renderlo importante e unico allo stesso tempo. Poi chissà, magari l’intero prossimo album potrebbe essere nella nostra lingua 😉

E cosa mi dite di “Fragments Of Life”, il pezzo strappalacrime del disco? Com’è nato? Lo eseguirete live nei prossimi concerti?
GIULIO – Beh, è un brano strappalacrime ma è anche piuttosto potente a mio avviso. Alla fine come avrai notato questo album non ha una vera e propria ballatona strappamutande! (ride) Anche il brano più ‘tranquillo’ è sempre piuttosto energico e ha la sua crescita dinamica. È un brano nato da Marco e fin da subito ci è sembrato un ottimo candidato ad entrare nella tracklist di “The Earth Embraces Us All”. Al momento non abbiamo ancora pensato se eseguirlo dal vivo o meno dato che la potenziale scaletta dei Temperance inizia ad essere piuttosto nutrita e dobbiamo operare delle scelte! Oltretutto è uno dei pochi brani che non hanno cambiato titolo dalla stesura alla realizzazione finale del disco 😉

A partire dal 2014 avete avuto numerose occasioni di mettervi in mostra, condividendo il palco con Within Temptation, Korpiklaani, Elvenking, Luca Turilli, fino al Rock in Roma con Apocalyptica, Epica e Nightwish, ed aprirete nuovamente per i Nightwish la prossima settimana a Mantova. C’è uno show in particolare che secondo voi vi ha ‘consacrati’, che vi ha dato maggiore visibilità di altri, senza il quale non sareste chi siete ora?
GIULIO – Credo che ogni concerto, sia su un palco incredibile come quello del Rock in Roma, sia nel locale più piccolino della provincia, sia stato un tassello importante nella crescita umana e artistica della band. Se proprio dovessi citarti un paio di momenti ti dire che il primo concerto incredibile all’Alcatraz di Milano di spalla di Within Temptation e la prima partecipazione al Rock In Roma con Slipknot e At The Gates siano stati i momenti più forti per noi. Il primo perché è stato il nostro debutto su un palco del genere e con un pubblico incredibile e super accogliente per una band nuova di zecca come noi, il secondo per la forte preoccupazione che avevamo per la stranezza del bill, con due band come Slipknot e At The Gates profondamente diverse da noi. Beh, è stato uno dei migliori che ricordi, e il pubblico romano è stato a dir poco indimenticabile. Se poi dovessi segnalare altri episodi che ci hanno sicuramente aiutato direi le date italiane del tour con Luca Turilli’s Rhapsody e l’ultima partecipazione al Rock in Roma con Apocalyptica, Epica e Nightwish. Stiamo a vedere come andrà a Mantova per questa seconda avventura con Holopainen e soci!

Avete nei vostri piani nuovi tour? Potete dare qualche anticipazione?
GIULIO – Al momento stiamo inziando la promozione di “The Earth Embraces Us All” con delle date in Italia, Svizzera e con una serie di date in Spagna. Vedremo con la primavera cosa succederà!

Concludo con una domanda un po’ insolita. Nel corso degli ultimi anni il concetto di metal come musica dura, aggressiva e ‘maschia’ ha iniziato, a mio parere, a sgretolarsi pian piano, e sono sempre più numerose le band aperte a contaminazioni derivanti dal pop o da generi più tranquilli ed accessibili. Forse gli Amaranthe sono stati un po’ dei pionieri in questo, ma mi vengono in mente anche band come gli ultimi Within Temptation, i TesseracT, i Destiny Potato, e ovviamente anche voi. Cos’è, secondo voi, che ha determinato questa nuova rotta, dal metal duro e aggressivo ad un metal molto ammorbidito (soprattutto dal punto di vista vocale) e a tinte pop?
GIULIO – Difficile a dirsi… sì, molte band hanno creato dei sound più contaminati da influenze lontane dal metal classico. Il perché lo ignoro, ma forse potremmo vederlo come un segno della volontà di percorrere territori nuovi ed inesplorati. Personalmente sono a favore delle nuove contaminazioni, ma non per questo disdegno chi è super ancorato ad un genere anche molto sfruttato. Poi posso dirti che è molto più divertente, da musicista, il poter sperimentare e il poter dire “proviamo a vedere cosa succede”. È una sensazione impagabile! Non nascondo che sicuramente ci siano anche motivazioni di carattere commerciale dietro a certe scelte (discorso che non ci tocca, essendo pesci piccolini), ma in fondo il coltello dalla parte del manico l’ha sempre l’ascoltatore, che può negare il supporto all’artista, no?

foto Daniele Di Egidio

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