Metal, filosofia e fratellanza

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MANILLA ROAD: INTERVISTA ESCLUSIVA A MARK SHELTON •

Da poco tempo, circa un anno, mi occupo di scrivere di metal qui su Metalforce e fino ad oggi avevo tenuto una sola intervista, con dei personaggi storici dell’HM italiano, ovvero Enrico Cairoli e Morby dei mitici Sabotage: con la nuovo calata nel Belpaese dei Manilla Road ho avuto la fortuna di scambiare quattro chiacchiere con il leggendario leader della band americana, Mark “The Shark” Shelton! Per un fan dell’epic metal e della narrativa sword & sorcery si è trattato in un’occasione incredibile avere di fronte uno come lui, che s’è dimostrato una persona disponibile e gentile dalle cui parole traspare un vero e indiscutibile amore per la musica e per i suoi seguaci. Buona lettura!

Siete molto amati in Italia, cosa ne pensi dei fans Italiani?
MARK – Penso che gli Italiani siano semplicemente incredibili, abbiamo molti cari amici qui che suonano in molte bands, qui per noi è come una grande famiglia metal. L’Italia è uno dei posti in cui siamo venuti in tour in Europa ed è un posto che i Manilla Road amano molto. In Europa ed in Italia soprattutto, i fans comprendono il crossover tra i generi, come il mischiare il metal, lo speed metal, il prog metal, in America questo i fans non lo capisco appieno. E’ come se ti dovesse piacere un solo genere e basta. Ma io provo a cambiare questa cosa!

Ho letto che quando eri molto giovane avevi studiato la batteria, perché poi hai deciso di suonare la chitarra?
MARK – Mia mamma era una professoressa di musica, e io iniziai a suonare il pianoforte quando avevo 5 anni. Successivamente ho proseguito con lo studio di diversi altri strumenti, tra i quali anche la batteria, poi alla fine la mia scelta è stata definitiva con la chitarra.

Quando ascolto i tuoi assoli, immagino il punto di congiunzione tra le bands Europee, come i Black Sabbath per esempio, e l’approccio un po’ matto come quello di Ted Nugent, con mille note piene di fuoco, amo questa cosa!
MARK – Nei miei assoli di chitarra ci sono influenze da una moltitudine di chitarristi, da Hendrix, Michael Schenker, Richie Blackmore, Jimmy Page, moltissimi! Diverse tecniche che ho appreso dalla mia infanzia e che ho incorporato nel mio stile, le ho compresse tutte insieme in me!

Tra le cose acustiche ho apprezzato in particolar modo nell’ultimo album “The Blessed Curse” il brano “Tomes Of Clay”, di cui amo anche il testo, poche parole, ma molto profonde.
MARK – Per me è  un album molto più filosofico rispetto ad altri che abbiamo fatto, per me la musica è il parte primaria di intrattenimento, ma ad un certo punto si sente il bisogno di cercare di dire qualcosa.

Ora siete in quattro nella band, come ti senti con questa formazione?
MARK – Abbiamo preso Bryan (Bryan Patrick, cantante n.d.r.) nella band perché spesso ho problemi con la voce, ed ancora soffro di laringite cronica, per cui se canto troppo o se parlo troppo, inizio a perdere la voce. Quindi soprattutto in tour ho davvero bisogno di Bryan! Lui è stato davvero una salvezza per me perché in tour da solo davvero non ce l’avrei fatta ed ha una voce davvero molto simile alla mia. Molte persone mi hanno detto che se chiudono gli occhi a volte non riescono a distinguere se sono io o Bryan che sta cantando! E’ davvero molto bravo e inoltre quando canta lui posso così concentrarmi meglio nel suonare la chitarra. E’ come un fratello per me ormai.

Ho visto in una ripresa video in studio il tipo di rapporto di amicizia e di fratellanza che c’è nella band!
MARK – Ed è così nella realtà! E condividiamo questa fratellanza anche con tutti gli amici che abbiamo!


traduzione
 Connor 
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  elaborazione video:  Federica Borroni